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𝗔𝗿𝗰𝗵𝗶𝘃𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶𝘃𝗶

Massimo Mastrorillo

“Aliqual”

Esiste un gioco molto semplice ripetere una parola in continuazione fino a che non perde il suo senso e diventa un qualcosa di misterioso, qualcosa che ci fa perdere l’orientamento e da la possibilità di immaginarci in un mondo che improvvisamente è diventato altro.

Laquilalaquilalaquilaaliqualaliqualaliqual: una città animata da una visione lontana e alienata, moderna versione dei viaggi morali di Gulliver.

Nella scomposizione dello spazio di una panoramica a volo d’uccello Aliqual emerge come in una miniatura che inesorabilmente risucchia al suo interno, con la forza d’attrazione di un buco nero. Ma non si fa in tempo a immergersi in questi ambienti che ci si trova altrove, in un gioco di specchi che costringe a un continuo vagare.

La percezione delle cose va alla deriva, verso un mondo parallelo, in un tempo sospeso dove la referenza storica viene messa da parte in un’operazione che relativizza il passato e la memoria: la scrittura fotografica si trova a sfociare in una zona d’ombra fra enigma e rebus.

Qui ad Aliqual il centro è fatto di macerie, resti inesorabili, vuoto, ma animato, mentre intorno un arcipelago di periferie abitate sembra spingere alla ricerca di nuove visioni. Uno spazio distopico collocato tra un futuro prossimo e insieme remoto che rende tangibile una reale perdita del senso della misura, una crisi che va oltre gli effetti di un evento.

In questo improbabile centro abitato tutto è rovesciato, organico e disorganico si confondono in continue metamorfosi, si vedono solo forme, linee, cerchi, triangoli, registrazioni quasi automatiche, iperformali, che hanno smesso di interrogarsi e porre domande.

Come in una teoria delle rovine alla rovescia, ci si trova immersi nello spazio di rappresentazione della distorsione della realtà, in cui ad animarsi è un mondo inabitabile.

Il confronto con la storia e la memoria prende la strada della scoperta alla ricerca di questi frammenti che si animano e prendono vita da soli, e dalla loro esplorazione, dalla loro esplosione, ci si trova a seguire il filo di un’improbabile misurazione del caos, i cui movimenti seguono le dinamiche di una roulette russa: una scommessa con la storia che si trova a franare in un moto prevedibile e sempre inaspettato. Se pare impossibile registrare questo mondo col linguaggio della documentazione, il confronto con figurazioni che alludono a modelli geometrico-matematici, alle astratte e ipotetiche verità di astrazioni scientifiche, apre uno spiraglio su una dimensione personale e nuovamente umana. Un puzzle che tenta di dar vita a nuove possibilità di senso ed esistenza nell’incessante scomporsi e ricomporsi di ciò che sembrava solo un gioco di forme.

BIO

Nato a Torino (1961); Massimo Mastrorillo attualmente vive a Roma.

Ha studiato presso l’Università di Perugia e si è diplomato in fotografia presso l’Istituto Europeo di Design di Roma. Dopo aver lavorato per anni come fotografo commerciale e per numerosi Travel Magazine italiani e stranieri, decide di dedicarsi al fotogiornalismo, lavorando principalmente a progetti fotografici a lungo termine, analizzando le profonde conseguenze dei conflitti e dei disastri naturali nella società. I suoi lavori sono stati pubblicati su diverse testate italiane e straniere e esposti in gallerie, festival e musei in tutto il mondo e hanno ottenuto numerosi premi tra cui: il World Press Photo, il Pictures of the Year International (Magazine Photographer of the Year), il Best of Photojournalism (Magazine Photographer of the Year), il FNAC “Attenzione Talento Fotografico”, il PDN Photo Annual, l’International Photographer of the Year al 5th Annual Lucie Awards, il Sony World Photography Awards, una nomination per il Prix Pictet 2009 “Earth”, l’Aftermath Grant (finalist, 2011), due nomination per il Prix Pictet (2009 “Earth”, 2015 “Disorder”), due shortlist per il prestigioso Vevey Images Grant (2015-2017), due shortlist per il Luma Rencontres Dummy Book Award Arles (2019-2022).

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