“Where does the white go“
Il progetto, nato dal desiderio di esplorare la relazione tra immagine, memoria e la natura transitoria dell’esistenza umana, è un censimento fotografico degli abitanti che resistono nelle piccole frazioni del crinale reggiano e insieme, un attraversamento personale e silenzioso del paesaggio, un omaggio alla montagna, una meditazione sulla lenta mutazione sociale e culturale del territorio. I volti svaniscono, le immagini si offuscano, le storie si tramandano di bocca in bocca per diventare spesso leggende o surreali vicende. Il mio omaggio alla montagna è un omaggio al (suo) silenzio. Assenza di parole, è di questa natura il rapporto che ho con la montagna. Lunghe pause, ritmi antichi e vitali percepiti nell’oblìo, profondi respiri, mondi che si rivelano solo attraverso il silenzio e che le parole offuscherebbero. Un’assenza che ci lascia incontaminati dalle interferenze sonore, dal “rumore bianco” della società umana; un’assenza che trasforma la nostra prospettiva e ci riporta alle nostre percezioni primordiali. Sono la parola e il caos che rendono il silenzio necessario e prezioso. Nelle frazioni abbandonate ciò che per qualcuno è malinconia, nostalgia, desolazione e tristezza è per me, al contrario, fonte di riflessione ed energia. Una fatalista ma positiva accettazione della vita e del suo moto incessante; e soprattutto l’alta montagna nelle sue manifestazioni atmosferiche più dure, per alcuni. Il vento che impazza, nuvole basse, foschia, tormente di neve. Una montagna, per natura immobile, da questi elementi viene così mossa e modellata, caricata di energie eterne e magnetiche. Ogni volta che sono lassù, io percepisco tutto questo; dialogo con la montagna e con i suoi elementi, ne ammiro la maestosità e perennità. La paragono alla provvisorietà della nostra vita, e sto bene.
BIO
Nato a Reggio Emilia (1972); Piergiorgio Casotti vive e lavora a Reggio Emilia. Laureato in Economia all’Università di Parma, lascia un lavoro da marketing manager e nel 2004 inizia a seguire il suo interesse per le arti visive studiando fotografia al Pratt Institute di New York. Dopo alcuni anni come fotografo di moda sceglie di dedicarsi alla fotografia documentaria impegnandosi in progetti di lungo termine che indagano le relazioni tra spazio, individui e territorio. Negli ultimi anni, alla fotografia affianca video, parola scritta e performance installative per rafforzare ed evolvere il suo linguaggio visivo.