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𝗔𝗿𝗰𝗵𝗶𝘃𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶𝘃𝗶

Il Progetto Appennino della Regione Emilia-Romagna

Nel 1980 l’espressione “sviluppo sostenibile” non esisteva, ma c’era chi provava a mescolare la concretezza della pianificazione territoriale, una coscienza documentata della finitezza delle risorse e l’attenzione ai segni del paesaggio appenninico emiliano-romagnolo come mappe di un destino possibile. A fronte di una rilevante crisi demografica ed economica del sistema montagna, la Regione Emilia-Romagna affidò alla Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia la redazione di uno studio in preparazione al nuovo Piano Territoriale Regionale e sotto la guida di Osvaldo Piacentini fu elaborato il Progetto Appennino. 

Cosa eravamo, cosa siamo, cosa potremmo essere: Osvaldo Piacentini e i professionisti della Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia provarono a raccogliere un complesso sistema di relazioni tra terra, bestiame, uomini e storie in un progetto-racconto in cui ogni elemento del paesaggio montano – i pascoli, i borghi sparsi, le antiche strade – era visto come un unico corpo.

Le montagne Osvaldo aveva iniziate a conoscerle da sotto, dal paese in cui era nato nel 1922, Scandiano, e un po’ più in lontananza le guardava da Reggio Emilia dove la famiglia si era trasferita negli anni ‘30; poi le aveva salite per unirsi partigiani della Terza Brigata Apuane, prima di essere deportato in Germania.

Una volta iniziata l’attività professionale era tornato all’Appennino con occhi diversi, dopo la grande stagione di pianificazione urbana degli anni ‘60 e ‘70. I campi lavorati, gli spazi abbandonati, i boschi in espansione sono osservati e descritti con la precisione e l’attenzione di chi sa che il territorio è una scrittura lenta, fatta di strati e cancellature, di segni che si sovrappongono fino a confondersi. Di chi riconosce altri valori insieme (e non “oltre”) a quello produttivo: il sistema zootecnico diviene fulcro della proposta economica ma anche simbolo della relazione tra uomo e natura; l’uso del suolo, indirizzato non tanto al seminativo quanto al pascolo e al prato, conduce a una maggiore stabilità idrogeologica e al tempo stesso riconsegna i territori e i loro abitanti all’antico ciclo della rinascita.

Anche la scelta delle scale di rappresentazione cartografica è significativa: viene limitato il ricorso a scale ampie per affermare “l’incrocio fra potenzialità e limitazioni di uso dei suoli, uso attuale e uso previsto come punto di partenza” (p. 171).

La rigenerazione territoriale è già qui, nell’approccio multidisciplinare e integrato che coinvolge uso del suolo, sostenibilità ambientale, integrazione sociale e innovazione economica. Un atto di fede nei confronti della complessità, un progetto che prova a tenere insieme nodi difficili da sciogliere: economia e paesaggio, tradizione e modernità, solitudine e comunità.

(testo di Silvia La Ferrara)

Bibliografia

Il Progetto Appennino della Regione Emilia-Romagna, a cura dell’Archivio Osvaldo Piacentini, Franco Angeli, 2003. – M. Maccaferri, Osvaldo Piacentini. Un intellettuale del territorio alle origini del cosiddetto modello emiliano. Una pista di ricerca, in ‘Storia e Futuro. Rivista di storia e storiografia’, n. 14, maggio 2007. M. Maccaferri, Dalla razionalizzazione del territorio ai limiti dello sviluppo: la pianificazione sociale ed ambientale di Osvaldo Piacentini, Relazione per la Conferenza internazionale ‘Common Ground, Converging Gazes: Integrating the Social and Environmental in History’ – Parigi, 11 settembre 2008.

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